la nostra storia

La presenza delle Clarisse a Cortona

Secolo XIII: gli inizi

La presenza clariana a Cortona risale ai primi decenni di vita del movimento religioso iniziato in Assisi dai santi Francesco e Chiara.

La comunità delle sorelle povere cortonesi è citata dal cardinal protettore dei Minori, Rainaldo di Jenne – il futuro papa Innocenzo IV – in una lettera del 18 agosto 1228: nell’indirizzo di saluto alle “Madri, sorelle e figlie carissime ancelle e spose di Cristo, figlio di Dio, Abbadesse del monastero di…” il 23° e ultimo monastero nominato è quello di Cortona.

Difatti, tre anni prima, nel 1225 e precisamente il 13 maggio, le Clarisse avevano preso dimora nel luogo allora detto di Marignano, oggi “Le Contesse”, a qualche centinaio di metri dalle mura della città.

Si trattava di un terreno e di una casa in costruzione donati dal cortonese Azolo di Ranieri a “Suor Lucia … affinché vi stabilisse un convento di Damianisse in onore di Dio onnipotente e della gloriosa Vergine Maria di lui Madre” (citazione tratta dai lineamenti storici circa l’insediamento delle Clarisse in Cortona, redatti nel XVIII secolo da P. Lodovico da Pelago, una delle poche fonti a cui poter attingere nel tentativo di ricomporre le vicende che ci congiungono alle nostre prime sorelle, come attesta p. Magrini nella sua ricerca storica in occasione del 750° anniversario di fondazione del monastero, pubblicata in “Vita Minorum”, nov.-dic. 1974).

Cortona fotografata dall'alto

Il Vescovo di Arezzo, approvando la fondazione, stabilì che le sorelle dovevano servire il Signore secondo la regola data a santa Chiara dal cardinale Ugolino (Regola ugoliniana del 1218-1219).

È sottolineato come le nostre sorelle vivessero la povertà con tenacia, conforme all’ispirazione originaria accolta dalla Madre santa Chiara: lavoro e Provvidenza erano le loro uniche fonti di sostentamento, tanto che, dati i non ingenti mezzi di cui i cortonesi disponevano, si stabilì che, almeno inizialmente, non venissero accolte più di venti sorelle. Il numero fu ben presto raggiunto; ma altre ancora chiedevano di essere ricevute all’obbedienza. Così si spiega la necessità di trasferirsi in un edificio più ampio presentatasi ad appena 12 anni dalla fondazione.

Ingresso del Monastero in via san Niccolò

Il trasferimento a Targe

Il luogo del nuovo monastero fu individuato nei pressi della città, dalla parte opposta rispetto a Marignano, in località detta Targe, a poche decine di metri dalle mura cittadine. Era il 20 maggio 1237, sotto il pontificato di Gregorio IX. La comunità delle sorelle fiorì rigogliosamente, superando le sofferenze e i disagi dei ripetuti assedi a cui Cortona fu sottoposta. Nulla potè, tuttavia, davanti alla furia dei soldati aretini che, nel tentativo di ridurre Cortona sotto il dominio di Arezzo, infuriarono contro la città e distrussero anche il monastero.

I cortonesi andarono esuli a Castiglione del Lago.

Le sorelle fuggiasche trovarono riparo a Tuscania nel monastero di san Giuliano, dell’Ordine benedettino, assegnato loro dal papa. Là continuarono la loro vita di preghiera e lavoro in povertà; una vita feconda se, quando potettero rientrare in Cortona riconquistata dai cortonesi insieme ai Comuni ghibellini alleati, lasciarono a Tuscania e dintorni ben due comunità di sorelle povere.

Nel monastero di Targe, faticosamente ricostruito, troviamo nel 1298 32 sorelle.

Dagli inizi del XIV secolo in poi, non si registrano fatti particolarmente salienti.

Nel 1479, un grave incendio compromise la sussistenza del monastero. Ne parla anche Luca Wadding: “Appiccatosi il fuoco al convento di Targe l’anno 1479, una gran parte ne arse e distrusse, con danno di sopra mille fiorini”. Le sorelle “si restrinsero quanto fu loro possibile e si posero in stretta economia per potere o riattare il monastero o trasferirsi altrove”.

Il nuovo monastero sul Poggio

Nel 1537, il papa Paolo III dette alle Clarisse facoltà di costruire un nuovo monastero entro le mura, data la ripetuta necessità di rifugiarsi in città sotto la minaccia delle truppe nemiche, necessità che nei dieci anni precedenti si era presentata per ben sette volte!

Il luogo scelto per la nuova dimora delle sorelle fu il “Poggio”, la parte alta di Cortona, proprio sotto la sommità del colle su cui si innalza la Basilica dedicata a santa Margherita.

In tale luogo, detto anche “Pescaia”, vi erano un orto fiorente, un mulino e una gualchiera, macchina per premere e rassodare i panni di lana, azionata ad acqua. L’abbondanza dell’acqua, a circa 500 metri di altezza, era dovuta a un acquedotto costruito nel 1360, che collegava il Poggio alle fonti sorgive del Monte S. Egidio. Quando più tardi l’acquedotto fu ostruito da una frana, l’attività industriale cessò. Il luogo, ormai rimasto sterile e senza vita, fu donato dal Comune al Vescovo nel 1430.

Già nel 1470, in vista della costruzione quando possibile di un monastero più sicuro all’interno della città, il Vescovo Leonardo Bonafede ne aveva fatto dono alle Clarisse, aggiungendovi una somma di denaro.

L’incarico per il progetto di ristrutturazione del luogo fu affidato a Giorgio Vasari (1511-1574), che previde l’utilizzazione delle costruzioni preesistenti.

II 25 agosto 1555 fu ritirato il disegno, ad Arezzo.

Così annota il “giornale delle spese” del monastero: “Francesco nostro garzone a lui si dette danaro di lire 44 e soldi 17 tanti sono che portò ad Arezzo e pagò il modello ch’avevamo fatto fare e recollo”.

Il lavoro per il trasporto del materiale per la costruzione fu lungo e faticoso data la “scomoda” ubicazione del luogo. Si trattava di un’opera grandiosa. I lavori, diretti da Luca Berrettini, ebbero termine solo nel 1578; dopo la metà del ‘600, alla struttura venne poi aggiunta un’altra ala, quella che corre lungo l’attuale via Berrettini.

L’11 settembre 1581, le sorelle “solennemente in processione, associate dal Vescovo e dal Clero della Cattedrale” salgono da Targe al Poggio di Cortona.

Monastero, mura antiche
Monastero, ala di via Berrettini
Monastero, vialetto del giardino
Monastero

Secolo XIX: le soppressioni

Agli inizi del XIX secolo, Napoleone conquistò le nostre terre e stabilì la soppressione di tutti gli Istituti religiosi e la confisca dei loro beni. Le Clarisse furono costrette ad abbandonare il monastero (1808). Quando sei anni dopo vi rientrarono, lo trovarono in uno stato deplorevole, derubato dei manoscritti e dei documenti di valore, trafugati, dispersi o incamerati dall’Archivio di Stato.

Tramontata l’epoca napoleonica, il Granduca di Toscana scelse il nostro monastero per radunarvi tutte le monache della famiglia francescana, per cui alle sorelle povere furono unite le “Poverelle di san Girolamo” e una parte del monastero fu riservato alle fanciulle povere che due religiose dovevano servire. Difatti il Registro delle cronache del 1844 parla di educande.

 

Più grave la situazione nel 1866. Leggiamo nelle Cronache: “Nell’anno 1866 il 5 Luglio fu pubblicato il Decreto di soppressione dei Corpi Morali. Si dové fare l’inventario di tutto ciò che era in monastero, e di tutte le possessioni appartenenti al monastero. Per avere i nostri corredi fu necessario fare l’istanza, la quale fu graziata.

Il dì 8 ottobre dello stesso anno fu nominato un Delegato a prendere possesso di tutti i beni mobili e immobili e di tutte le masserie: fu portato via danari, tutti i documenti, libri di amministrazione e tutto ciò che apparteneva al monastero; gli utensili furono lasciati in consegna; fu lasciato un poco di grano, vino e olio che servisse per tre mesi”.

Il Decreto ordinava la chiusura del monastero non appena il numero delle sorelle si fosse ridotto a sei. Fu vietata l’ammissione di altre aspiranti clarisse.

Il 13 marzo 1887 il monastero fu chiuso. Le sorelle cacciate fuori trovarono ospitalità “in una villa presso il Ricovero di Mendicità” messa a loro disposizione dall’Abbadessa del Monastero cistercense della SS. Trinità, che sorge di fronte al nostro monastero.

Dopo alcuni anni, il monastero fu messo all’asta e, grazie alla generosità della famiglia benestante di una sorella, sr. Concetta Cempini, fu ricomprato per 3000 lire.

Il 18 gennaio 1892 le sorelle poterono rientrare nel loro monastero e il 28 marzo vi fu ripristinata la clausura.

Dopo neppure dieci mesi dal rientro, troviamo la comunità composta da ben 24 sorelle, per lo più giovanissime.

Le Cronache notano come tale fioritura si debba anche alla grande forza spirituale della loro Madre, sr. Serafina Tacchini, che “seppe con rassegnazione vincere le nemiche lotte e tenere seco, strette, tutte le di lei consorelle fino a ricondurle a godere la pace della vita claustrale”.

Dal secolo scorso ai nostri giorni

Gli anni seguenti la Prima guerra mondiale furono segnati dall’epidemia di spagnola che decimò la comunità. Questa, tuttavia, conobbe una nuova fioritura subito dopo la Seconda guerra mondiale.

Attualmente la comunità è formata da 12 sorelle che, con la loro vita, continuano ad essere presenza francescano-clariana in terra cortonese.

Eucaristia fonte e culmine

Cenni sulla chiesa del monastero

Annessa al monastero fin da quando le sorelle vi si stabilirono, anche la chiesa fu costruita su disegno di Giorgio Vasari. L’aula liturgica misura m. 12×6,90 ed è divisa in due parti: la chiesa vera e propria e, dietro l’altare, il coro monastico, dove la comunità si riunisce per la celebrazione della liturgia delle ore.

L’ornamento in legno retrostante l’altare maggiore è opera di Stefano Fabbrucci, il cui figlio Francesco (1687-1767), più celebre, arricchendo l’opera del padre, realizzò le statue lignee dei santi Francesco e Chiara. La lunetta in alto, opera di Lorenzo Berrettini, raffigura una Sacra Conversazione tra Maria Santissima, che ha in braccio Gesù bambino, e san Francesco e santa Chiara. Quest’ultima indica alla Madre del Signore il Santissimo Sacramento che, custodito in un ostensorio, regge con la mano sinistra.

Dipinta nel 1609 da Andrea Commodi (1560-1648), la pala dell’altare di destra ritrae l’Immacolata Concezione e Santi, tra i quali santa Lucia, san Bernardo e sant’Orsola.

Recentemente attribuita al giovane Pietro Berrettini (1596-1669) è la splendida Deposizione di Cristo con Giuseppe di Arimatea e Nicodemo (databile intorno al 1625) che si erge sull’altare di sinistra.